domenica 28 maggio 2023

05.02.2023 Cattaro S. Trifone

 


Nel Maggio 2022 io e Giulia eravamo intenti negli ultimi preparativi per la partenza della crociera estiva. In quei giorni il nostro progetto era arrivare alle bocche di Cattaro

Mancavano pochi giorni alla partenza ed incrociavamo Rino Tripovic al cancello della base nautica. Vedendoci intenti nei preparativi ci chiedeva dove pensavamo di arrivare nel nostro viaggio e alla nostra risposta replicava meravigliato:..."io sono di Cattaro!".

Entusiasta del nostro progetto di visitare quella parte del Montenegro, si rendeva disponibile a fornirci ogni tipo di informazione logistica e turistica sulle bocche e sui luoghi da visitare, elencando una lunga serie di luoghi da non perdere. Contagiati da tanto entusiasmo, ai primi di giugno, partivamo per il nostro viaggio.

Oggi possiamo dire che siamo stati fortunati. Il mese di giugno 2022 si è rivelato un mese perfetto per la navigazione. Niente pioggia e tanto vento.

Tornati a Trieste, come al solito, Frea era piena di ricordi. 

Nei nostri occhi albe e tramonti sfolgoranti, nereidi portate dal vento sul mare blu, chiese fortificate, alte montagne e bagni nelle rade limpide senza contare la stiva piena dei prodotti locali acquistati nei mercatini dei paesi visitati.

Oltre a tutto ciò la consapevolezza di aver percorso un tratto della stessa rotta che fenici, greci, romani e mille altri hanno percorso prima di noi fino ai nostri tempi.

Di queste traffici, rimangono tante tracce soprattutto di romani, bizantini ottomani e veneziani. Le bocche di Cattaro sono un concentrato di storia degli ultimi tremila anni. In parte ancora viva nelle tradizioni locali che si possono vedere nella vita quotidiana della gente.

Una delle cose che più ci hanno colpito visitando il museo storico navale di Cattaro è la parte riguardante la corporazione dei marinai bocchesi. Storia, costumi, celebrazioni...tutto rigorosamente documentato. Perfino i disegni dei passi dei balli e delle coreografie.

Al nostro rientro ringraziammo Rino per tutte le preziose informazioni che ci fornì alla vigilia della nostra partenza e lui si fece promotore  di un'altra iniziativa, proponendoci di ritornare a Cattaro il 5 di febbraio quando si celebra il Santo patrono della città, San Trifone, perché in quell'occasione, la corporazione dei marinai di Cattaro, la più antica del mondo, si esibisce nella rievocazione storica più importante, con i costumi storici ed i balli tradizionali.

Ed è cosi che il giorno 3 febbraio io, Giulia, Rino e la nostra amica Viviana ci siamo trovati seduti in macchina sulla via del Montenegro. Le strade pulite nonostante il nevischio ed il traffico scarso ci hanno fatto percorrere speditamente gli 870 kilometri di strada. Solo una sosta pranzo a base di ostriche locali nella città di Ston e poi abbiamo raggiunto il nostro albergo a Tivat.


Sabato 04.02.2023

Di buon mattino ci siamo recati a Perasto dove, parcheggiata la macchina e preso un caffè, abbiamo trovato un passaggio in barca per andare sull'isola della Madonna dello Scarpello.

Nelle giornate di tempo buono si trova sempre qualcuno che per pochi euro è disposto a traghettarti su delle piccole barche a motore sull'isola della Madonna dello Scarpello con la promessa di venire a riprenderti dopo il tempo necessario a visitare questo luogo. 






Riguardo a questo splendida e suggestiva isola Rino ci ha così raccontato:-

"Secondo la tradizione che si è conservata fino ad oggi, il 22 luglio 1452 su uno scoglio davanti al Perastro fu trovata, da due fratelli pescatori, un'icona della Madonna. L'icona fu portata nella chiesa parrocchiale S. Nicola ma fu ritrovata sullo scoglio.

Da lì la decisione presa dai Bocchesi di costruire una chiesa intorno allo scoglio dedicata alla Madonna. 

Mentre l'isola, di fronte, con l'Abbazia benedettina di S. Giorgio è un'elevazione naturale di un'ampia area montuosa sottomarina, Madonna dello Scalpello fu realizzata su terrapieno artificiale costruito attorno al scoglio originario, sul quale oggi poggia l'altare maggiore della chiesa. Da qui il nome dell'isola Škrpjel- Scalpello, perché anticamente questo tipo di secca marina era chiamata škripio.

Nel corso degli anni, ammassando pietre e affondando vecchi e logori velieri, circa un centinaio, la superficie dell'isolotto è andata via via aumentando. 

 Da quel 22 luglio del 1452, il 22 luglio di ogni anno, al tramonto, si svolge un'antica e semplice cerimonia, che vede i fedeli a bordo di tutte le barche piene di sassi, collegate tra loro, in solenne processione lungo la costa, cantando canti popolari tradizionali, mentre si dirigono verso l’isola, per gettare le pietre intorno ad essa per rinforzarla. 

Questa processione unica, è un ricordo del meticoloso processo secolare di costruzione di un'isola in onore della Madre di Dio al centro della baia di Cattaro, di fronte alla città di Perastro.

Il corpo rettangolare della chiesa, al quale confina la casa del custode, oggi il museo del ex voto, ha proporzioni semplici e belle e solo nella lavorazione dei dettagli mostra il suo legame con il barocco, in cui già allora a Perastro si costruivano lussuosi palazzi.

Il campanile rotondo, unico nella forma sulla costa orientale del Adriatico, molto probabilmente deve la sua struttura ad una funzione difensiva, perché non va dimenticato che l'intera costruzione del santuario avvenne in tempi incerti quando Bocche di Cattaro, in quanto zona di confine, fu esposta a conflitti bellici. 

Sulla piazzetta antistante la chiesa, la facciata neo-barocca nasconde la cosiddetta Sala della riconciliazione. L’intercessione  della Madonna dello Scalpello è stata per secoli la migliore garanzia per i Bocchesi di poter risolvere in pace i loro conflitti locali.

I banchi di pietra all'interno del coro sono l'unico ricordo di tanti drammi personali e sociali che qui trovarono la loro giusta soluzione nell'ambiente sereno della baia. Di particolare pregio è il tavolo in pietra addossato alla facciata occidentale della chiesa in tipiche forme barocche, che poggia su due titani scolpiti. 

 Un piccolo giardino circondato da un muretto in pietra è stato realizzato in tempi recenti come espressione delle esigenze della piccola comunità dell'isola, e anche come una sorta di simbolo perché la terra con cui è stato riempito è stata portata da tutti i luoghi delle Bocche di Cattaro.

Entrare in chiesa significa incontrare tutti i grandi nomi della pittura locale.

Le pareti e il soffitto della chiesa sono riccamente dipinti  dal pittore barocco di Perastro Tripo Kokolja, che nel ciclo Mariano di 68 dipinti ha rappresentazioni monumentali della sua vita, che culminano nelle immagini dell'Incoronazione e dell'Assunzione di Maria. Le immagini sono collegate in un unico insieme, in cui Kokolja ha incorporato anche immagini di santi, evangelisti e un gruppo di angioletti. 

L'oggetto più prezioso dell'intera chiesa è l’icona Madonna dello Scalpello, venerata sull'altare. La sua storia è inscindibile dalla storia dell'isola stessa, nata in seguito al culto che si sviluppò intorno a questa icona. Fu dipinto dal pittore di Cattaro Lovro Marinov Dobričević  intorno all'anno 1452 usando la tecnica della tempera su tavola di cedro. Sulle pareti all'interno della chiesa ci sono anche oltre 2.000 targhe votive in argento di marinai delle Bocche, che costituiscono una delle più grandi collezioni di questo tipo al mondo.

Sono di una certa importanza e rarità le quattro medaglie dei Cavalieri di S. Marco che Venezia dava per grandi meriti resi alla Repubblica.

Dal presbiterio della chiesa si accede ad una piccola sacrestia dove, sotto una lastra di bella forma barocca, si trova la tomba dei sacerdoti che hanno prestato servizio nel santuario. Di particolare pregio è un piccolo rilievo in marmo di Carrara incassato nella parete, che rappresenta la scena dell'Annunciazione, opera dello scultore veneziano Giovanni Bonazza (XVIII secolo).

In custodie di vetro sono conservate le opere degli orafi locali, parte di una ricca collezione di doni votivi.

La piccola stanza che separa il lapidari dalla sagrestia è ricca di immagini votive di navi mentre il lapidario conserva iscrizioni e frammenti di epoca illirica, romana, greca e medievale. Qui è conservata anche la più antica insegna cristiana di Perastro, una croce scolpita. 

Particolarmente interessanti sono le collezioni di chiavi e serrature medievali. In una piccola stanza laterale, c'è una collezione di artisti contemporanei che hanno cercato la loro ispirazione artistica nei motivi delle due isole Bocchesi.

Sul soffitto, sopra le scale che portano al primo piano della casa, sono appesi pezzi di cime di navi, parti di armi e oggetti vari. Questi sono tutti resti materiali e testimoni di gravi incidenti e situazioni in cui le persone si sono salvate, quindi come segno della loro fede nella miracolosa intercessione della Madonna dello Scalpello, li hanno portati al santuario come ricordo permanente.

 Nostra Signora dello Scalpello era famosa, non solo alle Bocche ma lungo tutta la costa, come testimonia lo schema archivistico delle navi che portavano il suo nome. Dal '500 ad oggi se ne contano più di 150.

In una piccola nicchia del corridoio che conduce al salone centrale si trovano i resti di anfore greche e romane estratte dal mare presso gli isolotti, testimoni della vivace vita marittima e traffico commerciale dell'antichità. 

Nella sala centrale è esposta la parte più pregiata della collezione di pitture votive di navi conservate nel santuario.  Il ricordo di imprese famose e drammatiche. Una lotta continua con gli elementi naturali, o con pirati e altri nemici, ha ricevuto una propria testimonianza artistica, che all'ombra del santuario ci ricorda ancora che il pane di un marinaio ha "sette croste".

 Molto interessante è una l'elica a mano , una costruzione meccanica in ferro battuto a due ingranaggi che serviva per la propulsione della piccola barca che faceva collegamento con terra ferma. È una vera rarità e uno dei tipi più antichi di eliche marine azionate a mano.

  L'attenzione speciale di molti visitatori è attirata da un piccola icona della Madonna dello Scalpello, ricoperta da una cornice d'argento, eseguita con la tecnica del ricamo. È il lavoro votivo di Perastina Jacinta Kunić. La tradizione dice che la ragazza paziente ha ricamato per 20 anni aspettando che suo marito marinaio tornasse dal suo lungo viaggio per mare. Non ci è dato sapere se questo è avvenuto. È considerato uno dei lavori di ricamo più belli, ed è particolarmente interessante che, oltre ai fili di seta, argento e oro, Jacinta Kunić abbia utilizzato anche i propri capelli per creare le acconciature delle figure raffigurate. Dalla firma si apprende che terminò l'opera nel 1828.

L?intera area delle bocche è stata sempre interessata da vicende belliche a causa della sua posizione strategica e una piccola raccolta di armi ci ricorda che il santuario a volte doveva essere difeso con la forza delle armi.

Pregevole anche un piccolo organo dell'inizio del XVII  secolo, molto probabilmente creato a Venezia, uno dei più vecchi è funzionante nel Mediterraneo. Hanno quattro registri e un manuale in un'ottava con doppio pedale.

E c'è molto altro da vedere in questo tesoro d'arte unico "

Ecco che ai nostri occhi l'isola della Madonna dello Scarpello è apparsa come una piccola e deliziosa perla immersa in questo specchio di mare circondato da alte montagne ma sinceramente avremmo capito ben poco della ricchezza e dell'importanza storica del luogo senza Rino che, con le sue dettagliate spiegazioni, ci ha reso la consapevolezza della grandezza del luogo e della sua ricchezza storica.

Cosi, mentre torniamo in terraferma a bordo della barca con la quale siamo arrivati, ammirando ancora il luogo che ci circonda non possiamo fare a meno di pensare a quante altre sorprese ci aspettava l'indomani.

Domenica 05.02.2023

Sveglia e colazione di buon mattino. Fuori l'aria è tersa ed il vento di bora soffia ancora nelle bocche sollevando a tratti vortici bianchi di schiuma di acqua marina.

Ci mettiamo in macchina e da Tivat raggiungiamo Cattaro. Rino ci indica delle vie dove poter trovare parcheggio e così, senza difficoltà, lasciamo la macchina e percorriamo poche centinaia di metri fino all'ingresso del centro storico.

Camminando lungo le mura della città incontriamo uomini e donne vestiti con gli abiti tradizionali. Rino ci indica alcuni di loro che, in base ai colori e tipo di abiti, li riconosce come provenienti da alcune città vicine.

Chiusi dentro ai nostri pesanti giubbotti in questa giornata di tempo freddo e ventoso, ci rendiamo conto che gli abiti storici indossati dai figuranti, sono molto belli ma piuttosto leggeri. Gli uomini portano delle armi storiche o delle ricostruzioni di queste, Armi da sparo lunghe e corte nonché immancabili spade, sciabole e altre armi da taglio di varia foggia e fattura ma sempre molto belle e caratteristiche.




Mi ritornano alla mente le parole di Paolo Rumiz in un suo articolo scritto nei primi anni '90:-"... ma che altro potevano fare se non aver coraggio quelli delle Bocche? Che altro fare in un budello simile battuto dal vento e sovrastato dai predoni montenegrini? Come vivere altrimenti in un buco dove i confini di terra cambiavano continuamente, tra Venezia, impero turco, Austria e mondo slavo? Che altra sicurezza se non il mare?". Ecco chi c'è davanti a me oggi. Gli eredi di "...quelli delle Bocche..." che continuano a celebrare la loro storia e mantenere viva la memoria proprio quando il resto del mondo di memoria non ne vuol proprio sentir parlare.

Pochi minuti ed ecco che tutti quei figuranti si ritrovano "allineati e coperti". Implotonati davanti alla porta di ingresso principale alla città dove, agli ordini di alcuni ufficiali, entrano a passo di marcia, seguiti dalla banda, passando sotto l'arco di pietra costruito dai veneziani. Proprio la, sotto a dove, nel 1944, qualcuno si adoperò per demolire il leone di S. Marco e sostituirlo con una lapide riportante una stella e la data 21.XI.1944. In un attimo, nello stesso luogo, vedo cosa ha lasciato chi voleva cancellare la memoria e chi ad ogni costo la memoria la fa sua e la tramanda negli anni con tanto orgoglio.




Anche qui mi arrivano preziose le osservazioni di Rino:-

"Nel corso dei secoli la festa di san Trifone e soprattutto Confraternita dei marinai di Cattaro subì varie modifiche  sospensioni e proibizionismo. Dopo il crollo della Repubblica Veneta, le autorità Austriache, durante il primo regno, non fecero svolgere la festa. Durante l'amministrazione Russa (aprile 1806 - giugno 1807) la cerimonia fu brevemente ripresa e infine, sotto amministrazione Francese con decreto del Napoleone del 1811, la Confraternita fu definitivamente soppressa ei suoi beni furono completamente confiscati.

Durante la seconda dominazione Austriaca, fu rinnovata la tradizione e la Confraternita dei marinai riprese la sua attività in occasione della festa di S. Trifone. Per la prima volta gli abitanti di fede ortodossa vennero coinvolti nella cerimonia e cominciarono a far parte della Confraternita.

 Poi di nuovo negli anni bui della seconda guerra mondiale, le autorità Italiane vietarono la festa di San Trifone e la Confraternita. Così come, durante l'amministrazione Tedesca, non ci sono le prove che le attività furono rinnovate. 

Le celebrazioni e la festa si terranno dopo la fine della guerra solo per i primi due anni (1945 e '46). Negli anni successivi, secondo le decisioni del governo Jugoslavo fu rinnovato lo statuto della Confraternita. Lo Statuto prebellico non fu applicato, anche se la Confraternita non fu abolita verrà costituito un nuovo sodalizio che, secondo le circostanze del tempo, non potrà essere considerato il successore del Nobile Corpo. Verranno spezzati i legami, (soprattutto con la chiesa e il santo patrono) sia tradizionali che organizzativi con il passato, la traccia dei millenni rimarrà solo nel nome.

Dal 1990 riprende (almeno in parte la festa al aperto), ma non senza polemiche e influenze politiche, il legame con la tradizione e il passato."

Seguiamo la truppa e la banda fino alla piazza della città di fronte alla cattedrale di San Trifone dove, dopo il rituale giuramento di fedeltà al Santo, seguita da una salva con i fucili, i marinai bocchesi iniziano la loro danza e le loro coreografie. Al termine delle danze, tutti entrano nella cattedrale per la celebrazione del rito religioso. Anche qui, per capire a cosa stiamo assistendo, dobbiamo ascoltare le spiegazioni di Rino:-

" Secondo la credenza popolare, le reliquie di San Trifone, martire dell'Asia Minore, furono trasferite a Cattaro il 13 gennaio dell' 809.

Fondamentalmente, un documento del XVI secolo dice che un cittadino di Cattaro di nome Andreaci, ha sentito che una nave veneziana con il corpo di San Trifone si era rifugiata nella baia, andò alla nave e chiese ai mercanti di vendergli il corpo del santo. Lo fecero, con la precedente promessa di costruire una chiesa al santo. Pagò loro un prezzo in denaro e una corona con gioielli. Dopo di ciò, il corpo è stato trasferito in città. 

La storia si conclude con una descrizione dell'accoglienza del corpo del santo nel porto. In questa occasione, per la prima volta, fu danzata una danza in suo onore e furono cantate le lodi. La danza e lodi rimarranno parti indispensabili della cerimonia di celebrazione fino ad oggi.

 Nel 1166 fu completata la costruzione dell'attuale cattedrale, iniziata nel 1124. 

La cattedrale subì vari terremoti e quindi fu ricostruita più volte. 

Secondo la tradizione nel 809 fu creata Confranternita dei marinai di Cattaro,  Bokeljska mornarica, con lo scopo di alimentare la memoria dei giorni gloriosi degli affari marittimi e affermare i valori, svolgevano le loro attività marittime e / o alimentavano il culto del santo patrono della città. 

La danza di San Trifone è un'antica danza rituale, composta da 12 figure  divisa in due parti. Il primo più antico e sacrale, e il secondo è più recente e laico, influenzato dalla vita dei marinai. Il primo, è abbastanza diffuso nel Medioevo in Europa, quindi è possibile trovare analogie con altre danze più antiche dei popoli europei. Il secondo con la creazione di figure, ancora cerchio catena ecc. parla dell'influenza della vita in mare e della disciplina militare.

La notizia di pochi mesi fa, che sarà sicuramente interessante per i futuri esploratori del passato delle Bocche di Cattaro. Il Comitato intergovernativo dell'UNESCO ha deciso di includere la festività di San Trifone e Confranternita dei marinai  nella "Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell'umanità , dopo che la stessa città di Cattaro, da decenni, è inclusa nella lista dei Patrimoni dell'umanità protetti dall'UNESCO."

Al termine della messa, i fedeli seguono i vescovi che portano in processione le reliquie del Santo lungo le strade della città storica, ricevendo anche i segni di benedizione da parte dei religiosi delle chiese ortodosse della città.

Dopo il rientro delle reliquie nella cattedrale la festa pubblica si conclude nella piazza dove rimangono raccolti tutti a scambiarsi saluti e chiacchiere. Parenti che vivono lontano, amici che non si vedono da molto, persone in borghese e con gli abiti tradizionali in un'aria di festa resa ancora più calorosa dal sole che nel frattempo ha cominciato a scaldare e sciogliere qualche pozza di ghiaccio tra i masegni della pavimentazione delle strade storiche.

Una bella passeggiata, sotto i tiepidi raggi di sole, tra il centro abitato di Tivat ed il marina di nuovissima costruzione ci porta verso la fine di questo giornata e di questo piccolo ma intenso viaggio.









Rivisitando in questa occasione luoghi che io e Giulia avevamo già visto in estate, affollati di turisti scaricati da carovane di pullman e flotte di grandi navi da crociera, abbiamo avuto la possibilità di gustarne l'originale essenza  e la loro dimensione più naturale ed intima.

Il lunedì seguente ci rimettiamo in macchina per il rientro. Alla frontiera la polizia doganale ci chiede se trasportiamo carni o formaggi ma ci fa segno di andare senza neanche attendere la nostra risposta.

Per il resto ripercorriamo la strada dell'andata. Salvo una sosta alle foci del Narenta per acquistare arance e limoni e all'autogrill di Scardona da dove si gode di un meraviglioso panorama, rientriamo spediti a Trieste. 

Non è stato questo un viaggio isolato, fine a se stesso. Ma piuttosto è stata una delle tante tappe del lungo viaggio che stiamo percorrendo e che questa estate ci porterà chissà dove. Non in macchina questa volta ma bensì di nuovo con con Frea a vele spiegate.



17 - 20 Giugno 2017 Crociera nella Laguna Nord di Venezia su SeaLife (Show 29)

 17 - 20 Giugno 2017

Crociera nella laguna Nord di Venezia su Sealife (Show 29)

Abbiamo la fortuna di vivere a pochi kilometri da una delle città più belle e più visitate del mondo.

Vengono da ogni dove a vedere questo capolavoro artistico e architettonico che è la città di Venezia. Vero scrigno di tesori storici  che spesso i turisti si spingono a visitare fino alle isole di Murano, Burano e Torcello. Li vedi tutti in fila, come formichine, camminare sulle fondamenta all'inseguimento di ombrellini colorati nell'intento di cogliere in pochissime ore i segreti di luoghi che conservano secoli di storia.

In realtà la parte nord della laguna veneta è la zona più anticamente abitata della laguna, sin da quando, a causa delle incursioni dei cosiddetti barbari, i vertici della chiesa dell'allora città di Altino si trasferirono a Torcello. 

Infatti l'isola fu nel 600, sede del governo bizantino sull'adriatico nord orientale.

Del complesso urbano facevano parte anche la città di Costanziaco della quale non rimane nessuna traccia se non l'isola di "Sant'Arian" (San Adriano Martire) che ospitava in antichità un monastero Benedettino e che, dopo varie vicende storiche, fu destinato a ossario. Infatti, nella seconda metà del 1700 l'isola accolse i resti di alcuni cimiteri veneziani svuotati.

Nel 1220, San Francesco transitò in questa parte della laguna al ritorno dal suo viaggio in medio oriente in occasione della guerra crociata e soggiornò nell'isola che ancora oggi si chiama San Francesco al Deserto.

Insomma, in questa parte della laguna veneta si respira aria della storia più antica del territorio ma anche di quella più recente.

Ne sono testimonianza le numerose fortificazioni militari, che furono della Serenissima prima e che videro insediarsi gli austriaci poi, come la torre Massimiliana dell'isola di Sant'Erasmo ed il forte di Treporti.

Ma in giro per la laguna ci sono vari isolotti sui quali furono costruite strutture militari come per esempio magazzini e polveriere.

Storia antica ce l'ha anche la burocrazia italiana, anzi, in questo caso è tutta veneta, visto che i natanti, per poter circolare all'interno della laguna veneta devono obbligatoriamente essere contrassegnati da un numero di matricola. Sia chiaro che questo è valido solo per la laguna di Venezia. 


Se possediamo un natante infatti e non siamo residenti a Venezia possiamo richiedere l'assegnazione del numero provvisorio di matricola alla Provincia di Venezia sul sito:

http://www.trasporti.provincia.venezia.it/naviglag/TargheNatanti.html

Bisogna dire però che, all'epoca dei fatti la pratica è stata svolta con celerità ed efficienza dal personale preposto che è stato anche molto gentile nel fornire ogni informazione necessaria.

Torniamo a quei giorni.

17.06.2017

Partiamo da Trieste con un bel borino fresco che ci permette di navigare su una ortodromica di sessanta miglia da Trieste a Porto Lido di Venezia.

Undici ore di navigazione impegnativa ma divertenti con mare formato di poppa soprattutto al largo di Caorle dove, stimiamo, siamo passati su qualche onda che arrivava ai due metri di altezza.

In programma abbiamo la visita all'isola di Lazzaretto Novo, da poco restaurato e visitabile. Sant'Erasmo con il suo centro e le sue campagne, San Francesco al Deserto e Torcello.

Vicino a queste isole vi sono il Marina Vento di Venezia, il Diporto Velico di Sant'Elena, il Marina di Lio Piccolo vicino a Treporti, e più a nord, il Marina Fiorita. Tuttavia, conoscendo la zona ho previsto di trascorrere le notti all'ancora nelle vicinanze delle isole da visitare e muoverci con il tender.

Il nuovo pannello solare ci garantisce il frigo ghiacciato e siamo partiti con il pieno d'acqua. Potremo così godere di panorami che solo certi angoli di laguna permettono di osservare.

Arriviamo nel tardo pomeriggio, e oltrepassata la struttura del MOSE in Porto Lido, procediamo per il Canal di Sant'Erasmo.

Qui ormeggiamo SeaLife lungo la banchina attrezzata con anelli, ubicata proprio di fronte all'isola del Lazzaretto Novo e scendiamo per sgranchirci un po' le gambe nel centro abitato dell'isola.


In un lontano passato Sant'Erasmo era l'isola che difendeva la laguna dal mare. Oggi é la più grande isola interna, una vera e propria campagna coltivata a orti, giardini e vigne ed é difesa dall'aria salsa dal Litorale del Cavallino.

In paese, sugli scaffali del piccolo negozio di alimentari, oltre alla classica mercanzia da supermercato, troviamo alcuni degli ultimi vasetti di "castraure sott'olio".

Le castraure sono i primi tagli dei boccioli dei carciofi violetti. Non ne vengono prodotti in quantità industriale e non li ho mai visti vendere in luoghi diversi da qui ma sono molto pregiati e dopo averli assaggiati, si capisce il perché siano diventati anche un presidio slow food.

L'isola è detta anche "l'orto di Venezia" perché, soprattutto in passato, riforniva il centro cittadino di frutta e verdura. Oggi, oltre agli orti familiari, varie serre per la coltivazione di verdure e ortaggi e alla coltivazione del famoso carciofo violetto, Sant'Erasmo è il luogo dove un importante imprenditore francese ha trovato l'ambiente ideale per fondare la "Vigna del mar" da cui proviene un vino molto pregiato che viene invecchiato in una vecchia imbarcazione affondata nella vicina laguna.

Riprendiamo SeaLife e ci spostiamo vicino al lato est dell'isola del Lazzaretto Novo, esattamente nel canale di Tresso dove circolano solo piccoli natanti e il fondale permette l'ancoraggio di piccole imbarcazioni come SeaLife che pesca circa 170 cm.

18.06.2017

La notte è passata calmissima, non abbiamo sentito passare neanche una barca fino all'alba, senza onde e neanche una zanzara.

Sbarchiamo il tender e lasciamo SeaLife all'ancora nel canale di Tresso. Poche centinaia di metri e raggiungiamo il pontile ACTV del vaporetto che ferma all'isola di Lazzaretto Novo solo nei giorni di apertura al pubblico.


Dopo qualche difficoltà incontrata per sbarcare, vista l'altezza del pontile rispetto a noi e le ostriche che mettono in serio pericolo l'integrità del tender, aspettiamo che il museo apra.

La visita al Lazzaretto è molto interessante e, oltre alle testimonianze riguardanti la vita dei marinai ed i documenti sui traffici commerciali, mostra come la Repubblica di Venezia, fin dal 1400 aveva predisposto strutture di isolamento in quarantena delle merci e dei naviganti per contrastare le epidemie di malattie come la peste che allora imperversavano in tutto il mondo conosciuto.




Alla fine della visita decidiamo di continuare la passeggiata a S. Erasmo cominciata il giorno prima. Principale obiettivo della visita è il lato sud dell'isola e la "Torre Massimiliana".


Purtroppo abbiamo trovato chiusa questa monumentale parte delle fortificazioni ottocentesche a causa del suo cattivo stato di conservazione.

Da fuori appare comunque chiaro che l'architettura si richiama alla base della nostra lanterna anche se la nostra è molto più elegante essendo stata costruita in pietra bianca mentre questa è in mattoni rossi ormai malconci.

Fa caldo e in un chiosco poco lontano, prima di riprendere la navigazione, beviamo qualcosa di fresco e gustiamo anche le famose castraure. Ci rinfreschiamo al bagno in quella che ritengo essere l'unica spiaggia all'interno della laguna di Venezia e poi via.


Il nostro programma ci conduce in navigazione verso nord lungo il canale di S. Erasmo. Nessun problema di pescaggio in questa via d'acqua che è regolarmente percorsa anche dalle navi dell'ACTV.

Giunti in prossimità del canale di San Francesco al Deserto, su un fondale di circa 2.5 metri, diamo fondo all'ancora in uno degli angoli di laguna più isolati e tranquilli. 

Rarissime sono le piccole imbarcazioni a motore a transitare lungo questo canale mentre invece numerose sono le barche sportive a remi delle tante associazioni remiere di voga veneta che approfittano delle acque placide per svolgere i propri allenamenti.

Ragazzi e ragazze di ogni età si sfidano su coloratissime "mascarete" e "caorline" sfiorando coi remi le briccole del canale.


Noi siamo a pochi metri dai cipressi del monastero che affondano le loro ombre nell'acqua smeraldina della laguna ed i merli fanno sentire forte il loro canto all'imbrunire.

19.06.2017n


Le notti in laguna regalano un panorama incantevole, illuminato dai bagliori di Venezia con la colonna sonora, questa volta, del canto notturno degli usignoli.

All'alba ci circonda una tale calma placida che viene perfino il dubbio se la barca sia o meno in galleggiamento o si sia piantata nel morbido sedimento fangoso del fondale ma un breve sguardo permette di vedere che SeaLife è correttamente posizionata controcorrente, nel verso opposto della sera precedente.

Ore nove. Siamo alla porta del monastero francescano che apre puntuale.


Siamo arrivati con pochi minuti di anticipo che ci permettono di leggere le varie lapidi murate li accanto.

Il monastero, fondato dopo il 1220, è un'oasi verde nella laguna. Un giardino curato che circonda l'abitazione medioevale di pochi frati che vivono in ritiro spirituale e di meditazione.

Poche ore sono sufficienti per visitare tutto il complesso che lascia comunque contenti di aver visitato un luogo così particolare.


Riprendiamo dopopranzo la navigazione. Percorriamo i Canali di Burano e di Torcello fino ad arrivare in prossimità dell'imbarcadero ACTV di Torcello.

Qui ancoriamo con molta attenzione e prudenza su sei metri d'acqua e fondale di fango poco compatto.

Fuori dai canali non c'è fondale sufficiente e all'interno le forti correnti possono far impattare sulle briccole la barca ancorata alla ruota. Oltre a questo bisogna stare lontani dalle rotte delle motonavi, delle barche turistiche e traffici merci.

Buona regola qui è calare un'ancora a prua e una a poppa nel senso longitudinale del canale. Calumi lunghi per via del fango molle perché qui, la corrente di marea, può raggiungere i quattro nodi di velocità.

Raggiunta Torcello con il tender, ci concediamo una bella passeggiata per i sentieri alberati, le fondamenta di mattoni, i ponti antichi e poi la visita alla Basilica.

Tutto il complesso monumentale dell'isola ha inizio 1500 anni fa, quindi, troppa storia anche per chi la vorrebbe solo accennare. Qui basta dire appena che visitare Torcello permette al viaggiatore di far scorrere lo sguardo lungo millenni di storia.


Mi aspettavo di trovare una nutrita presenza di turisti ma, probabilmente per via del periodo, siamo praticamente soli sull'isola. Comunque, i pochi locali pubblici sono aperti e pronti a riceverci con i loro menù più o meno turistici.

Ci sediamo a uno dei tanti tavoli liberi e pranziamo con fritto misto che risulta essere all'altezza del luogo. Altrimenti, se avessimo voluto piatti ricercati e certamente più costosi, avremmo potuto recarci alla vicina Locanda di Cipriani o al ristorante al Trono di Attila o spostarci sulla vicina isola di Mazzorbo per andare a mangiare all'Osteria Venissa ma...lasciamo per altre occasioni.

20.06.2017

Partiamo alla volta di Trieste lasciando una laguna veneta che non è certo facile da navigare per i meno pratici ma, con i suoi angoli più remoti, ci ha accolto nel migliore dei modi facendoci sentire protetti e sicuri.

Tempo indietro la conoscenza delle profondità dei canali si apprendeva solo perché si era del posto e quindi per cultura tramandata da generazione in generazione o per esperienza empirica rischiando di restare in secca.

Per chi invece, mentre legge questo racconto, medita di intraprendere questo piccolo viaggio, ci sono dei modernissimi strumenti come quello pubblicato al seguente indirizzo web:

http://veporto.it

dove si trovano tutte le informazioni di un modernissimo portolano on-line oltre che  i dati AIS delle unità maggiori in navigazione.

Val la pena anche di aggiungere che la Torre Massimiliana di Sant'Erasmo, in questi ultimi anni, ha avuto il restauro che merita. Purtroppo viene aperta al pubblico solo in determinate occasioni come, per esempio, rievocazioni storiche o anche la sagra del carciofo violetto di Sant'Erasmo che si svolge nel mese di maggio.

Buon vento

Paolo e Giulia

Gita ad Albarella

 DA TRIESTE A ALBARELLA 

I miei ricordi di Albarella risalgono al 1991 quando ero in servizio sulle motovedette dei Carabinieri del Reparto Operativo Nucleo Natanti di Venezia e fui mandato in servizio sulla foce del fiume Pò perché pescatori chioggiotti e ferraresi cominciarono a spararsi per la guerra delle vongole.

All'epoca con la motovedetta andavo al Marina di Albarella solamente per fare rifornimento di gasolio e i miei ricordi mi riportavano immagini di un luogo turistico di lusso. Grandi Yacht ormeggiati nel marina e lussuose ville nei paraggi, campi da golf frequentati dall’alta società veneta e lombarda seguiti a vista dalle loro guardie del corpo, ecc. ecc.. 

All’epoca mi dissero addirittura che sull’isola pascolavano liberi i daini e altri animali selvatici.

Quale occasione migliore, in questo anno di COVID 19, di ritornare in quei luoghi nei panni di turista neo pensionato?

Tanto più che quei luoghi, Giulia non li aveva mai visti.

Ritorniamo a giugno 2020.

Data la distanza e il tipo di viaggio intrapreso, il marina di Albarella è stato già contattato il giorno prima per prenotare un ormeggio al numero di telefono 0426332262.

Le impiegate del marina si dimostrano molto gentili già al telefono e oltre a darmi conferma che avrebbero tenuto un posto barca per la nostra Frea mi chiedono in quante persone saremo per metterci a disposizione anche due biciclette, in dotazione del Marina, per visitare l’isola.

Il cielo di metà giugno è ancora stellato quando molliamo gli ormeggi.

Passate le dighe Rizzo la prua è 240°. Poca aria e si procede a motore a velocità di crociera di quasi 6 nodi su un mare liscio che riflette le ultime stelle a ponente. Le previsioni del tempo ci avevano avvisato che l’alta pressione estesa su tutto l’Adriatico settentrionale non ci avrebbero concesso molto vento. Solo a metà pomeriggio, poche ore prima del nostro arrivo, una leggera brezza ci ha accompagnato alla nostra destinazione.

La navigazione lungo le coste venete deve essere condotta prestando cautela perché, altre ai campi boe e allevamenti ittici segnalati sulle cartografie ufficiali, in mare si possono trovare innumerevoli oggetti riversati dalla corrente proveniente dalle foci dei fiumi e dalla laguna veneta soprattutto dopo violenti temporali estivi.

Atterrando verso Albarella e precisamente verso la foce del Po’ di Levante, i fondali si abbassano a quote che per noi triestini possono essere insolite. Infatti, alla boa rossa di allineamento per l’ingresso del porto, distante circa mezzo miglio dalle bocche di porto, il fondale segna già meno di 5 metri. Se a questo si aggiunge che spesso in zona vi sono foschie che possono nascondere i punti di riferimento di una costa già di per se bassa e monotona ci si rende conto che la cautela deve essere massima.

Dalla predetta boa rossa, la prua per entrare in porto in sicurezza è di 214° con la raccomandazione di mantenere la destra nel canale.

I marinai del marina, preavvisati sul canale 9 vhf, sono venuti ad accoglierci all’ingresso del porto per accompagnarci al nostro posto.

Entrata di poppa in mezzo alle briccole. Due cime a prua sulle briccole e due cime a poppa sul molo di cemento. Acqua e energia elettrica a pochi passi.

Dopo le solite formalità svolte presso la reception, dove effettivamente ci vengono consegnate anche le chiavi delle nostre due biciclette, cominciamo i nostri giri turistici proprio con il giro del porto.

Il Marina ci da l’aria di un luogo che effettivamente in passato deve aver vissuto grandi fasti. Ai giorni nostri, pur essendo un luogo molto dignitoso e ben mantenuto, si nota l’assenza di recenti ammodernamenti.

Tutte le persone con le quali abbiamo avuto modo di parlare, ci hanno rivolto grande cordialità e sono state prodighe di consigli e utili informazioni sul posto e soprattutto sui ristoranti dell’isola.

L’isola è privata. Per l’ingresso da terra bisogna dimostrare alla vigilanza che controlla gli accessi, di aver affittato casa o di essere ormeggiati nel marina. Durante il nostro soggiorno abbiamo notato che la vigilanza lungo le strade dell’isola è assidua e continua.

Aree residenziali caratterizzate da costruzioni di lusso con l’immancabile piscina,


immerse nel verde e contornate da canali arginati da moli. Ci ha stupito veramente la limpidità dell’acqua che scorre in questi canali. Qui, al posto di yacht di lusso ci sono solo giochi gonfiabili e pedalò legati agli anelli lungo la banchina.

Il tramonto ha lasciato il posto alle stelle e nei prati i pavoni lasciano spazio alle lepri che liberamente pascolano nelle aree verdi tutte e sempre molto curate.

 Sorprendentemente, l’unica famosa specie selvatica autoctona della zona manca all’appello. Infatti, non abbiamo visto ne sentito neanche una zanzara. Mistero subito svelato quando cominciamo a vedere frequenti passaggi di autocisterne adibite al trattamento degli alberi con la citronella.

Fine giornata presso uno dei ristoranti consigliati sull’isola per il rapporto qualità prezzo. Suggerimento che si è rivelato ottimo dato che ci siamo trovati bene tanto da ritornare anche la sera successiva.


Il giorno successivo, dopo la colazione su Frea, riprendiamo le nostre biciclette e ci avventuriamo per il giro dell’isola.


I confini naturali dell’isola sono il mare a est e argini ciclabili lungo il resto del perimetro.

A Nord Porto Caleri. Poco fondo, solo per piccole barchette con il motore fuoribordo.

A sud Porto Levante e l’ingresso al Marina dove siamo ormeggiati.

La spiaggia dell’isola è, per la maggior parte, a pagamento ma anche il restante spazio di libero accesso è molto ampio con la sabbia pulita e poco frequentata.



All’interno dell’isola c’è anche uno sporting center con campi da golf (dove effettivamente ancora oggi pascolano liberi i daini), campi da tennis e piscine. Qui i prezzi per ombrellone e sdraio sono più bassi di quelli praticati agli stabilimenti balneari di Grado in netto contrasto invece con i prezzi che abbiamo visto nelle vetrine di certi negozi di abbigliamento griffato.



Alla nostra partenza da Albarella ci lasciamo alle spalle un posto molto bello e ci auguriamo di poter ripassare un giorno magari per una tappa lungo una crociera che ci porti a visitare luoghi italiani ancora più a sud.

Un marina comodo e accogliente con tariffe leggermente più basse della media del nord Adriatico.

Paolo e Giulia


Luglio 2021. Quarnero, Quarnerolo e Isola di Veglia

 Diario di viaggio

Quarnero, Quarnerolo e isola di Veglia

Una delle domande frequenti che ci sentiamo fare dai nostri amici, all'inizio di ogni anno è:-"dove andate quest'anno in crociera?"

Certe domande nella mia mente sono come la semenza. Ne pianti una e ne nascono molte, come per  esempio:- "quanto tempo avremo? in che periodo dell'estate partiremo? come sarà il meteo? Risposta...boh!

Poi, se proprio devo essere sincero, personalmente non mi piace fare troppi progetti. Trovo che, per il nostro tipo di vacanza, siano poco indicati, avendo poi da fare i conti con l'Oste che nella tasca della "traversa" porta sempre tante variabili ed imprevisti mi piace riservarmi decisioni da prendere giorno per giorno.

I pontili della Lega Navale di Trieste sono come i porti di tutto il resto del mondo, dove i croceristi stanno appollaiati nei loro pozzetti e, facendo finta di essere intenti nelle proprie faccende, scrutano gli arrivi delle barche di ritorno. Poi camminano avanti e indietro come gabbiani furbetti e cercando di passare inosservati, si avvicinano agli equipaggi appena sbarcati, con le orecchie tese, cercando di raccogliere informazioni sulle rotte percorse. Avidi di notizie e di aggiornamenti sui luoghi visitati.

Noi non ci sottraiamo a questa pratica e l'estate del 2021 è stata l'estate nella quale la maggior parte degli skipper ed equipaggi, al loro rientro dalla crociera, hanno riferito di condizioni meteo particolarmente strane ed in generale sono stati registrati molti giorni di vento, anche forti, dai quadranti meridionali.

Questo ha comportato sicuramente navigazioni contro mare formato, decisamente impegnative ed a volte, presumo, anche poco divertenti.

Quindi, presa la carta in mano, abbiamo deciso di provare a percorrere una rotta alternativa sulla quale  pochi velisti sono soliti impegnare i propri giorni di vacanza estiva.

Quarnero e Quarnerolo passando tra la terraferma e la costa orientale dell'Isola di Veglia.

Tutti sanno infatti che quel tratto di mare solitamente, anche in piena estate, è battuto dalla bora. I "weather forecast" emessi dalle stazioni radio costiere danno praticamente ogni notte raffiche di vento fino a 40 nodi nel canale del Velebit e in prossimità di Senj.

Già questo basta a spaventare la stragrande maggioranza dei velisti che, per le loro vacanze, desiderano per sè e per le famiglie sonni tranquilli.

Quindi, se la stagione dava venti prevalenti dai quadranti meridionali, la scommessa da accettare era che avremmo potuto dormire sonni tranquilli sulla nostra ancora nel regno della Bora. Una rara occasione per visitare luoghi che difficilmente vengono inseriti tra le rotte dei navigatori-croceristi estivi.

Saltiamo quindi la trascrizione del nostro diario di bordo che riporta la navigazione da Trieste fino a Medulino in quanto, per quel che ci riguarda è un trasferimento da casa al mare vacanziero che la maggior parte dei lettori conosce bene, e andiamo direttamente ai giorni di navigazione del Quarnero.

23.07.2021 Notte in baia a Medulino.

Se le previsioni del tempo non fossero state cosi buone e senza vento, avremmo deciso di inoltrarci più all'interno della baia di Medulino ma ci siamo convinti a trascorrere la notte ancorati subito fuori a quella che sulla carta è denominata Uvala Bijeca. 

Ci siamo così risparmiati gli schiamazzi del centro cittadino e inconsapevolmente garantiti uno dei più bei spettacoli di madre natura sfoggiati con una luna rossa gigante che pareva galleggiare nella calda atmosfera estiva regalandoci un panorama altamente suggestivo laddove solitamente non c'è molto da vedere.

24.07.2021 Da Medulino a Ustrine

Partenza mattutina senza fretta dopo aver fatto colazione con il sole già abbastanza alto ed un bagnetto mentre le spiagge sono ancora deserte. Solo qualche podista salutista che corre lungo il sentiero tra i pini. Per il resto lasciamo gli ombrelloni della spiaggia ancora chiusi e le moto d'acqua in silenzio ancora per un po'. Siamo ad inizio della nostra vacanza e dentro di me, nascosto da sentimenti angelici, nel profondo del mio animo - ma non troppo - spero che si guastino oggi stesso tutte le moto d'acqua da qui al Montenegro.

La barca scivola con il motore al minimo tra gli isolotti e metto prua verso Capo Marlera di cui vedo già il faro. Alzo la randa all'insegna del mio indomabile ottimismo che viene premiato dopo circa mezzora da un refolo di aria da Nord. E' stato bello anche se è durato poco e la navigazione da qui in poi è proseguita noiosamente a motore verso la Baia di Ustrine.

Visto che le previsioni per la notte danno vento di scirocco intendiamo ancorare nella parte meridionale della baia. Anche questa per noi è una novità in quanto non ci siamo mai fermati qui avendo sempre preferito il lato a nord che è più chiuso, intimo, dove si può ancorare su un discreto bassofondo sabbioso e portare una cima a terra.

Entrambe le baie sono molto distanti dai centri abitati e si affacciano al mare solamente pochissime abitazioni private. Quindi siamo lontani da fonti di inquinamento luminoso e con tempo buono il cielo stellato è lo stesso dei luoghi esotici più lontani.

Calata l'ancora nel primo pomeriggio, poco lontano da una spiaggetta privata e dai segnali di corpi morti dove sono ormeggiate piccole imbarcazioni locali. Fondale con poca sabbia e ciottoli ma quanto basta a garantirci un discreto ancoraggio che ci fa sentire sicuri. Abbiamo visto però altre barche, arrivate dopo di noi, dar fondo più volte all'ancora nel tentativo di farla prendere ma evidentemente, più ci si allontana da riva e più insicuro risulta l'ancoraggio anche a causa del degradare del fondale che qui è sempre roccioso.


Decidiamo di impegnarci in una passeggiata nel paese di Ustrine. Varato il tender abbiamo percorso un miglio e mezzo circa fino ad una spiaggia da dove si prende il sentiero che si inerpica fino al villaggio.

La spiaggia Veli Zal degrada ripidamente verso il mare ed è fatta di grossi ciottoli bianchi. Di giorno è sempre molto affollata, quindi atterriamo a remi e trasciniamo il tender in alto, lontano dal bagnasciuga.

Ci inerpichiamo per questa camminata lungo la strada che è molto ripida e con numerosi tornanti. Per fortuna che la maggior parte del tragitto è cementato altrimenti lo sterrato sarebbe difficile da affrontare senza scivolare.

Lungo la strada ci sono alcune panchine dove poter riposare e godere del panorama sul mare mentre si riprende fiato.

A differenza della baia, nel paese di Ustrine, il segnale telefonico è presente e garantisce il collegamento a internet per scaricare il meteo e fare una telefonata a casa.

Qui non ci sono negozi, Market o altri servizi. Nell'edificio che in passato ospitava la scuola oggi c'è l'unica piccola trattoria del paese. Il locale ha apertura stagionale ed i tavoli sono tutti disposti all'aperto su una terrazza coperta da una pergola che dà sul mare con un incantevole panorama e dove vengono serviti semplici ma gustosi piatti della tradizione locale. 

Al nostro ritorno in barca scopriamo che, durante la nostra assenza, una rumorosa famiglia dell'est Europa, ha buttato l'ancora praticamente a terra facendo posizionare la loro barca proprio sopra alla nostra ancora ma il Comandante si è premurato immediatamente di assicurarmi che al mio primo fischio la mattina seguente, avrebbe liberato lo spazio per permettermi di salpare e che nella notte avrebbe fatto buona guardia.

25.07.2021 Da Ustrine a Cherso

Notte passata tranquillamente. Tra un sonno e l'altro, sentivo il vento da sud che passava tra le sartie. Le barche, illuminate dalla luna, si sono sempre mantenute alla stessa distanza.

Il cielo è chiaro ed è ora di partire. Avvio il motore, salgo in coperta, il salpa ancora è una sveglia sufficientemente convincente e, come da accordi, il Comandante dell'Est emerge dalla cabina. Recupera a mano qualche metro di calumo ed io salpo senza problemi la mia ancora. Due mani alzate in un silenzioso saluto internazionale e la nostra navigazione riprende senza ritardi.

Le vele si gonfiano, andatura di poppa, verso Cherso con un vento di circa 15 nodi che si dispone secondo il profilo della costa.

A Cherso vorrei trascorrere la notte all'ancora e lì abbiamo appuntamento con i nostri amici Filippo e Valeria sulla loro barca Peterpan.

Durante la navigazione il vento rinforza progressivamente. 

Giunti a doppiare Punta Pernat il vento salta di direzione e rinforza improvvisamente fino a 35 nodi da est sud est. Poche miglia ci separano dall'imboccatura della baia di Cherso e non ho troppa voglia di allungarmi il tragitto con insistenti  bordi di bolina contro un vento che mi alza onda corta e fastidiosa. Quindi a secco di vela procedo a motore per l'ultimo tratto.

L'intenzione sarebbe stata quella di avvicinarmi più possibile alla diga dell'ACI Marina, una volta entrato nella baia di Cherso, e di dare fondo all'ancora e invece, dopo l'ingresso in baia ci siamo resi presto conto che la situazione era ben più affollata di quello che si pensava.

Oltre a questo, il vento soffiava ancora più forte rendendo l'ancoraggio per la notte molto insicuro. La soluzione che ci garantirà sogni tranquilli sarà... un bel finger dell'ACI Marina, sottovento,  con acqua e corrente.

Da qui, passeggiata in città insieme agli amici che ci hanno raggiunto e cenetta in uno dei ristorantini turistici del lungomare.

26.07.2021 da Cherso a Malinska

La giornata un po' grigia ci nega il classico azzurro del cielo e ci accompagna nella navigazione a motore verso nord senza il vento. Costeggiando il profilo dell'Isola dei grifoni alto e frastagliato, roccioso e screziato del verde di macchia mediterranea. Non ci sono insenature o spiagge degne di nota. Sulle poche piccole imbarcazioni che si fermano all'ancora non c'è nessuno a bordo il che suggerisce che si tratta di pescatori subacquei intenti nella caccia grossa. Invece io mi dedico alla caccia col binocolo di pescatori intenti a salpare reti o nasse. Spero di trovare qualche anima pia che, dietro al giusto compenso economico, ci sganci una manciata di scampi per una busera da fare sul fornello di bordo e da gustare con gli amici.

Lungo il percorso ne abbiamo avvistati pochi. Li abbiamo avvicinati senza intralciare il loro lavoro ma le risposte sono state più o meno le stesse. "No go!"..."No sce niente!"..."Me scervi per clienti de ristorante!..."Proscimo ano lascia barca casa e vien casa mia a magnar!"

Raggiunta la punta più a nord dell'isola di Cherso interrompiamo la navigazione per una sosta bagno. Il fondale è troppo alto per calare l'ancora. L'acqua è di un blu cobalto fino a pochi metri dalla riva il chè non suggerisce niente di diverso da scogliera a piombo. Giulia preferisce restare a bordo mentre io un bagnetto rinfrescante me lo faccio volentieri.

Poi riprendiamo e la prua vira a dritta facendo aumentare i gradi bussola. Decido di seguire ancora per un po' la costa che ammiriamo in tutte le sue forme.


Inoltre il mio sguardo si alza spesso per aria nel tentativo di avvistare in cielo le forme dei famosi grifoni, tanto pubblicati sulle brochure pubblicitarie per incantare turisti, che non abbiamo mai visto e che sempre di più mi sembrano celarsi dietro al manto del mito. Un po' come i daini di Cherso che, anche loro su quest'isola, dovrebbero pascolare selvaggi rendendosi visibili ai croceristi solamente nelle ore del tramonto, quando si avvicinano al mare, in certe baie deserte per abbeverarsi o per pascolare.

Salutiamo per il momento Cherso e viriamo a sinistra. Prua sulla baia di Malinska dove abbiamo deciso di trascorrere la notte. Pian piano si alza vento da sud che ci permette di alzare le vele e di goderci l'ultimo tratto di mare nella navigazione a vela.

Un bordo unico ci conduce fino alla baia di Malinska. Giù le vele e giù l'ancora. Stasera improvvisiamo la cena a bordo con gli amici mentre i delfini nuotano calmi nella baia.

27.07.2021 Da Malinska a Klimno

Anche oggi il meteo non ci promette nulla di entusiasmante. Cielo ovattato e poco vento. avviamo la navigazione lungo la costa nord occidentale dell'isola di Veglia. Anche qui nulla di entusiasmante. Costa bassa, verde, alcuni paesi, spiagge e campeggi ma nel complesso, vista dal largo, una costa che non ha molte attrattive ai nostri occhi fino al porto industriale ubicato nella baia di Omisalj.

Tuttavia, passata Punta Kijac, lo scenario cambia drasticamente. Il bianco del calcare carsico diventa il colore predominante di tutto ciò che ci circonda compreso il mare che riflette i colori di cielo e terra. Anche oggi arriva il momento per una pausa della navigazione per il pranzo e un bagnetto e viene individuata la baietta di Selehovica il luogo dove andare a mettere il naso. 

Quello che il mare non riflette sono certi profumi dai quali vengo letteralmente investito. Come uno schiaffo ai sensi vengo colto da un fortissimo profumo di erbe aromatiche mai sentito così intenso.

La baia è molto stretta e la poca sabbia è accumulata in fondo ad essa dove una barca come Frea difficilmente riuscirebbe a stare alla ruota sull'ancora. Quindi, questa baietta dall'acqua limpida e profumata di macchia mediterranea non rappresenta un luogo ideale per pernottare. Mai dimenticarsi che in queste zone, anche in caso di tempo ottimale, il rischio di raffiche violente di notte è sempre forte.

Spuntino...pisolino...bagnetto, poi salpiamo l'ancora e riprendiamo la nostra navigazione per le rimanenti sette miglia che ci dividono dalla baia di Klimno.

Il transito nel canale che divide l'isola di Veglia e la terraferma, sovrastato dall'Imponente omonimo ponte, è certamente uno dei momenti più emozionanti della nostra navigazione.


Mi guardo intorno e mi rendo conto che in questa fine di luglio, in un tratto di mare stretto come questo, collegamento tra il Quarnero ed il Quarnerolo, tra le isole e la terraferma siamo praticamente solo noi. Due barche appena in un tratto di mare così ampio.

La navigazione prosegue a motore verso sud mentre il tempo tende a migliorare. Questo tratto di costa cosi bianco di pietra spoglia si abbassa pian piano man mano che ci avviciniamo alla baia di Klimno. In caso di mal tempo - ed il canale in alcune cartografie prende appunto il nome di Canale del Maltempo - non ci sono ripari. Nessun ridosso o riparo dal vento fino appunto a Klimno dove però è sconsigliato entrare con il vento di bora a causa del bassofondo in entrata.

Ma noi entriamo in questa baia, chiusa da tutti i lati, con il meteo favorevole e l'aspetto del luogo ci infonde subito un gran senso di sicurezza. Il fondale in tutta la baia è basso ed il fango garantisce un'ottima tenuta dell'ancora.

Decidiamo di dar fondo all'ancora nei pressi del paese di Klimno. A terra vediamo una strada alberata che porta in paese.

E' presto e con Giulia decido di fare un giro con il tender per la baia. In particolare di andare in fondo ad essa, nel luogo dove anticamente vi erano delle saline, dove i turisti si divertono a fare il bagno ed a sguazzare nel fango qui presente, rinomato per le sue qualità terapeutiche. Anch'io non mi trattengo a questo innocente divertimento nel tentativo di diventare, se non più intelligente, almeno un po' più bello.


Rientro su Frea e dopo le necessarie pulizie ci troviamo con gli amici per scendere a terra con i rispettivi tender e fare una passeggiata fino al paese alla ricerca di un localino dove mangiare.


Al Ristorante Oleander, lungo la riva del paese, troviamo un tavolo nella terrazza dalla quale godiamo una bellissima vista sulla baia e, alla luce del tramonto, ci vengono serviti con cordialità, piatti gustosi ed un po' diversi dai soliti.

28.07.2021 da Klimno a Arbe

Klimno si è rivelato un luogo molto bello e tranquillo. Fondali bassi e fangosi in una baia più simile ad una laguna che ad un golfo marino, contornato da costa verde ricca di pini marittimi, fanno di questo luogo un ancoraggio ideale e piacevole per trascorrere la notte all'ancora. Così, mentre a lento moto Frea guadagna in uscita la bocca della baia alle prime ore del giorno, non posso fare a meno di pensare che questo è l'unico posto dove poter ancorare in questo ampio tratto di mare e questo lo tengo bene a mente mentre il mio sguardo si rivolge a sud verso il Velebit che domina dall'alto tutta la costa.

Navighiamo a motore lungo la costa orientale verso il sud dell'isola di Veglia, vento nullo e mare a specchio. Oltre a noi neanche una barca a muovere questo specchio di mare.

La costa è alta e rocciosa che pare di essere in montagna. Scarsa la vegetazione costituita da bassa macchia mediterranea che riesce appena a punteggiare di verde le rocce frastagliate.


Capita di vedere delle radure erbose più in basso, vicino al mare.


Quasi giunti a Punta Sokol, nella parte meridionale dell'isola, decidiamo di fare la consueta pausa scegliendo Mala Luka come luogo per la sosta. Carta nautica e portolano descrivono questo come un buon luogo dove calare l'ancora per brevi soste.

Rimaniamo meravigliati entrando a Mala Luka.

Una baia stretta e profonda tra cime di montagne prive di vegetazione ad alto fusto. Erba bassa e qualche cespuglio nelle valli che scendono verso la baia. Entrando a sinistra una barca da pescatore è ormeggiata sull'unico pontile esistente. Una baracca per gli attrezzi ed un paio di bambini che giocano. Giù in fondo una spiaggia con i bagnanti arrivati con le loro barche.

Mi giro indietro e guardando il cielo, neanche troppo lontano, vedo delle sagome che sembrano aquile.

Finalmente i grifoni si sono spogliati del velo del mito e ci appaiono in tutta la loro eleganza mentre il loro volo sorvola le rocce più alte.




L'ancora va giù e la vedo sul fondo venti metri più in là sulla sabbia bianca. E' l'unica cosa che mi fa credere di essere in una classica baia tra le isole croate.

Un tuffo nell'acqua limpida. Alzo gli occhi, mi guardo intorno e mi sembra di trovarmi a duemila metri in un un lago tra le alpi mentre i grifoni fanno la parte delle aquile e continuano a volteggiare tra le correnti convettive di aria calda che si alza sulle cime.


Bella magia ma il tempo passa e anche se l'incanto nei miei occhi continua, il tempo è indifferente alle nostre volontà. Cosi si è fatta l'ora di riprendere la navigazione e dopo aver mangiato, il salpa ancora recupera una manciata di sabbia bianca insieme all'ancora. Solo un piccolo effimero souvenir. 

Mentre ripercorriamo all'indietro la baia non posso fare a meno di continuare a guardare in alto i grifoni che continuano a volteggiare senza mai battere le ali. Sento le risa dei bambini che corrono sull'erba vicino alla baracca del pescatore e mi sembra di vedere una cartolina di tempi passati.

Prua verso Arbe. Guardo la carta nautica e noto che circa dieci miglia a sud c'è l'isola calva, Goli Otok. Dopo aver letto la storia poco felice di quest'isola mi piacerebbe visitarla e visto che andarci richiede solo una "piccola" deviazione dalla rotta per Rab...sono indeciso se proseguire per Rab o deviare per Goli. Ancora un po' di strada e poi decideremo!

Finisce qui il riassunto del diario di bordo e tornando ai giorni d'oggi siamo veramente felici di aver colto l'occasione per navigare nelle acque di Veglia e, agli amici che ci hanno chiesto notizie al nostro rientro, abbiamo certamente consigliato di non perdere l'occasione di andarci.

Abbiamo visitato luoghi particolari ed affascinanti e per certi versi inconsueti; siamo stati avvolti dal profumo di macchia mediterranea come mai prima d'ora; abbiamo ancora negli occhi l'eleganza del volo dei mitici grifoni sopra alle cime rocciose.

A proposito di miti... alla fine siamo stati accontentati anche in un altro desiderio.

Nel corso della navigazione verso casa, come spesso ci accade, ci siamo fermati a Ossero.

Dal Piccolo marina di Bonifacic, abbiamo deciso di andare a fare una passeggiata in centro del paese verso l'ora del tramonto e camminando sui pontili, lo sguardo si sposta verso la macchia boschiva a poche decine di metri dalle barche. Sembrava un gregge di capre ed invece, ecco che a pascolare poco distante dalle barche e dal traffico stradale abbiamo visto con stupore e meraviglia un piccolo branco di daini.


Ogni volta che ci siamo fermati all'ancora in qualche baia di Cherso, ricordavo quanto letto sul portolano al riguardo ma mai ne avevo visto uno. Abbiamo visto capre, pecore e somari ma di daini neanche l'ombra. 

E' stata una vacanza fortunata sotto ogni aspetto!

Paolo e Giulia con la collaborazione di Silvia